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a cura di Piero Evandri
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La Cavalcata dell'Assunta
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La Cavalcata dell'Assunta
La festa dell’Assunta a Fermo ha radici lontane. Risale al 998 un atto con il quale il vescovo della sede fermana, Uberto, concede un appezzamento di terra sulla strada per Cossignano, in cambio di 400 soldi annui da pagarsi appunto in occasione della festa dell’Assunta.
Il documento più antico della Cavalcata e del Palio risale al 1182, anno in cui Monterubbiano, Cuccure e Montotto s’impegnavano con Fermo a portare ogni anno il Palio, in occasione della festa dell’Assunta.
Questo, splendido documento policromo presente nel “Messale de Firmonibus”, stupendamente miniato e risalente ai primi del ‘400, raffigura la cattedrale ed il corteo che vi si recava per presentare alla Vergine Assunta, patrona di Fermo, doni ed offerte. Fin dal secolo XII° si ha documentata notizia che tutti i Gastaldi del fermano dovevano in tale solennità potare le loro offerte che erano cospicue e numerose.
Fermo partecipava alla novena in preparazione a tale solennità con offerte vistose in denaro e in natura. Cospicue offerte di cera venivano fatte da mugnai, macellai, calzolai, osti, albergatori. Tutti portavano un grande cero “laboratum et ornatum”. Gli osti e gli albergatori, oltre al cero, offrivano una taverna in miniatura piena di doni. Ogni famiglia dei castelli soggetti e delle ville dovevano offrire al proprio scindico, 12 denari. Con il totale raccolto ogni scindico doveva acquistare un cero per il suo castello. Gli agricoltori davano 4 bolognini a testa per il cero; ogni bottaio ne offriva due.
Il Podestà, il Capitano e gli altri Officiali, nella solennità predetta, offrivano un cero ciascuno, cosa che facevano anche il Gonfaloniere di Giustizia, i Priori e le altre autorità cittadine, mentre ogni famiglia del fermano era tenuta ad offrire 12 denari (XII denarios pro quolibet foculare). A loro volta le famiglie di Fermo città, eccettuate le povere, dovevano offrire un cero alla Cattedrale insieme con i componenti della propria Contrada. I mulattieri, i carrettieri, i fornaciai offrivano una salma di mattoni (unam salman laterum).
Il popolo fermano si esaltava nella devozione alla sua Patrona, fiero della rassegna della sua potenza, dei vicari dei suoi castelli, dei vassalli e dei rappresentanti delle potenze confinanti. Tutti quelli che partecipavano al corteo dovevano essere elegantemente vestiti, sfoggiare i più ricchi e sontuosi paludamenti come si conviene in una rassegna alla quale partecipavano le autorità fermane, quelle dei castelli dipendenti, ambasciatori, giudici, il Podestà, il Capitano di giustizia, il Gran Gonfaloniere, i Priori, i Regolatori, i Notai e quindi i Gonfalonieri, i Capitani d’arme.
La festa aveva il suo culmine nella Cavalcata, risalente al 1182. Essa partiva dalla chiesa di Santa Lucia, passava Campolege, risaliva il colle e faceva sosta in Piazza Grande tra una folla plaudente, lo squillo delle chiarine o scampanio di tutte le campane della città, il rullo dei tamburi, lo sparo dei cannoni della rocca.
Era la festa in onore dell’Assunta, patrona di Fermo, ma anche la rassegna della potenza e della grandezza dello Stato Fermano.
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